domenica 22 settembre 2013

monastero di grgteg - giorno 2



Usciamo dalla porta della rimessa sperando che nessuno ci veda, ma appena ritorniamo alla luce del giorno due paia d'occhi ci fissano. Automaticamente cerchiamo di calarci velocemente nella parte dei turisti ingenui portando la mano alle nostre macchine fotografiche, come fosse una scusa. La suora, tarchiata e sorridente, si avvicina domandandoci qualcosa in questa lingua che non conosciamo. Rispondiamo in un inglese stentato che stavamo giusto facendo qualche foto. La ragazza si allontana dalla macchina, ci viene incontro e ci dice che non si può passare dalla rimessa, che è una zona riservata alle suore del monastero. Ci profondiamo in scuse idiote e mi preparo a ridiscendere il sentiero per tornare al parco naturale. Ma vengo colto alla sprovvista dalla tua domanda: "Sapete se da queste parti possiamo trovare un posto dove mangiare qualcosa?". Io, la suora e la ragazza ti guardiamo, perplessi ed increduli allo stesso modo. Due turisti stranieri, a piedi, senza auto, in mezzo al Parco Naturale presidiato solo da qualche monastero, che cercano un posto dove mangiare come fossero in un parco d'attrazioni. La ragazza traduce per la suora che, inaspettatamente, si illumina e le risponde. La ragazza ci dice che le suore hanno già cenato (saranno le sei) e che ora è un momento di depurazione spirituale e fisica. Ma se ci accontentiamo di un cibo tradizionale, molto semplice, suor Teodora sarà contenta di servircelo. Imbarazzati (a questo punto entrambi) rispondiamo che se non è troppo un disturbo accettiamo volentieri. La ragazza ci affida alle cure della suora e ci saluta.
Ci ritroviamo nel refettorio e suor Teodora, evidentemente la cuoca, comincia portarci diversi piatti. La nostra interprete se n'è andata e quindi la comunicazione si risolve sempre in una sorta di ossequioso ringraziamento. Sul tavolo arrivano patate lesse, pane ai cereali, una zuppa, dei pomodori, frutta, vino. Ci lanciamo sulla zuppa e scopriamo cosa fosse l'aroma che pervade il convento: aglio. Aglio in ogni dove. Nelle  patate, nei pomodori, nella zuppa; trecce d'aglio appese alle catene del portico, alle pareti. Evidentemente lo usano come un disinfettante naturale.
Cerchiamo di comunicare con suor Teodora che però non mastica altro che serbo. Lei alza il dito al cielo (universale gesto per dire che ha avuto un'idea) e scompare fuori dal refettorio. Ritorna presentandoci una sua sorella che, evidentemente, parla un po' di inglese. Ci intratteniamo un po' con lei spiegando chi siamo e da dove veniamo. Dopo poco la sorella si accomiata ed esce. All'arrivo dell'ennesima portata cerchiamo di ringraziare la cuoca, tentando di farci comprendere a gesti e con l'unica parola imparata fino ad ora: "dobro", cioè "buono". In risposta la suora ritorna con un'altra consorella a farci da traduttrice. E così andiamo avanti per almeno un'ora, cambiando interprete altre 4 volte, e conoscendo, nell'ordine, altre due suore, un monaco tutto vestito in nero e con la barba lunga, la madre superiora ed una signora con il velo, di Mostar, probabilmente una novizia.
Rifocillati comunichiamo che vogliamo partire prima che faccia buio perchè abbiamo quasi un'ora di cammino per arrivare alla macchina, parcheggiata lungo la strada nel Parco. Teodora si preoccupa subito, dicendoci (tramite l'interprete occasionale) che se lo sapeva diceva a sua sorella di portarci in città! Ma ormai è tardi! E la foresta è pericolosa, ci sono i drogati la notte! Io e te ci guardiamo, dicendole di non preoccuparsi, che staremo attenti, che abbiamo la torcia, che il sentiero è il medesimo fatto all'andata e dunque non c'è pericolo, e che partiremo all'istante per evitare il buio.
Le suore respingono vivamente ogni nostro tentativo economico di ringraziarle ed ogni forma di offerta per il monastero. "Farete una donazione la prossima volta che verrete a trovarci", ci dicono, sapendo che non succederà mai.
Sulla soglia del monastero suor Teodora sorride dei nostri abbracci di ringraziamento ("the italian mode") e ci segna con una benedizione ortodossa. La ringraziamo e prendiamo per il bosco.
Ovviamente il buio è più rapido del previsto nel fitto degli alberi ed il nostro passo vola spedito contro il tempo, prima di ritrovarci completamente ciechi in un Parco che non conosciamo. Mentre cerchiamo di orientarci con i pochi dettagli che ricordiamo dell'andata, mi ritrovo a pensare che sarebbe bello che il Dio di queste terre desse ascolto ad una benedizione pronunciata nella sua lingua.

Nessun commento: