sabato 23 febbraio 2008

a bon droyt - capitolo 11 - scena 1

“Benvenuti, Benvenuti” Fernand era splendidamente entrato nella parte della maschera e con garbo e gentilezza faceva accomodare: contadini, pecorai e negozianti che quella sera erano convenuti tutti al gran spettacolo offerto dal paesino di Limeux.
“Prego, prego! Avanti c’è ancora posto… Buona sera signor Parroco… no no non si preoccupi nulla di sconcio… qui sta sera solo altissima cultura! La lanterna? No no non è possibile, è sicuramente una buona imitazione…”
“Fernand dammi una mano con le birre!” Irmine si era piazzata al suo posto di combattimento: aveva praticamente trasferito la locanda nel piazzale del castello, barili di birra, di vino, panini imbottiti e tutto a un prezzo ragionevolmente più alto del normale. “Avanti signori! Qui da bere e da mangiare! È così che si fa a teatro nelle grandi città!” Urlava a destra e a manca Irmine sbracciandosi per farsi vedere dal suo angolo “prendete da bere, più si beve meglio riesce l’opera!!”.

“Briac dammi una mano con le luci!”
“Aspetta Anton, devo andare da Francesco…”

“Mio Dio sono emozionantissima”
“Non temere Elsie cara sarai stupenda!”
“O amore mio… ma André… ora vai o ti perderai l’inizio!”

“Francesco!”
“Dimmi Briac…”
“Nervoso?”
“Mai stato più a mio agio! E poi ci siete voi a tenermi no?”
Adrien, Briac e Francesco stavano ai piedi della torre con il naso puntato in su, dietro al palco e invisibili dalla corte.
“Um… si non ti preoccupare, basta che metti i piedi tra le pietre io e Briac ti tireremo su.” Disse Adrien con molta poca convinzione.
Francesco dette uno sguardo alla nera sagoma: La torre si stagliava contro il cielo stellato, le 15 lanterne appese sul fianco illuminavano fiocamente il percorso, liscio e ininterrotto da aperture, che da terra saliva dritto come un fuso su, su fino in cima, dove una fioca luce piccola, piccola segnava il punto di arrivo. Era una finestra larga un braccio e alta due ma da quella distanza sembrava poco più di un puntino. Francesco distolse lo sguardo e si volse verso Briac:
“Mi raccomando Briac! Rimani con gli attori fino al momento della scalata poi vieni qui. E va a chiamare Fernand deve fare il gobbo.”
“Bene! A proposito: se ce la fai ti offro da bere!” rispose Briac dando un’ultima occhiata alla torre, stava quasi per correre via quando si voltò e disse, rivolto a Francesco: “A proposito! Guy è arrivato con l’ospite, terza fila cinque sedie sulla destra, così m’ha detto di dirti…”
“Grazie Briac, ora vai!” E Briac andò a chiamare Fernand.


Platea piena.
Irmine silenziosa nel suo angolo circondata da casse e barili.
Anton alle luci a destra del palco.
Fernand nella sua postazione a sinistra del palco con il copione tra le mani.
Silenzio.
Il silenzio, quello giusto, quello che ti piglia il cuore e te lo spiegazza ben bene nel petto.
Le facce mute.
Un uomo sul palco(Cassio), su una scala, si volge al pubblico:
“Voi che palpitate, voi che ci scrutate… dal buio. Noi vi sentiamo.
Noi vi sentiamo nel fremito dei nostri petti. Sentiamo i vostri cuori, le vostre lacrime, sentiamo le vostre grida, il palpito di ogni rintocco del vostro essere.
Noi vi sentiamo, perchè vi possediamo,
con ogni sillaba.
Ogni rintocco di sillaba, un rintocco di cuore.
Ogni nostra lacrima, una vostra lacrima.
Noi vi diamo la vita e la morte servita su un palco di legno.
Possiamo toccare con ogni nota, ogni pausa, ogni gesto, anche il più remoto e delicato, le vostre anime.
Ed ogni vibrazione di un nostro mignolo….

una esplosione nei vostri occhi.
Nel buio…
Noi vi sentiamo…
E vi porgiamo…
Docilmente.
Intimamente.
Su questo palco.
Le nostre vite.”

Entrano Madame Gervaise e Agramente

Madame Gervaise. “Oh su piantala vecchio chiodo d’un cialtrone che con tutto sto berciare mi svegli la clientela”
Agramente. “Berciare è dir poco mia signora! il vostro cameriere pare lustri lampadari urlandogli contro!”
Cassio “che vi piaccia o no! Mio signore… a questi vecchi raccatta polvere poco gli faccio sia con grida o con l’olio del mio gomito, sono i topi quelli che piglio alla sprovvista.”
Madame Gervaise. “Cassio, non dire sciocchezze… topi, ma si sa che qualche d’uno scappa fuori ogni tanto… in fondo siamo in campagna no? Ma non si preoccupi signore piccoli piccoli, neanche sembran roditori”
Cassio. “Quelli infatti son gli scarafaggi… mia signora.”
Madame Gervaise. “Caro il mio garzone, sempre con la voglia di scherzare… fila a lavorare in cucina!”

Cassio esce di scena

Agramente. “Campagna! Questa è la vostra migliore! Eppure in questi giorni pare di stare in piazza al carnevale di città! Chi sono questi illustri che alloggiano nella vostra amena casa? In fede mia mai ho visto tante facce di signori in luogo meno signorile”
Madame Gervaise. “La mia locanda s’è sempre vantata di illustri ospiti… signore!”
Agramente. “Ah! Topi e scarafaggi sono una corte di debito rispetto non lo nego. Forse più vasta di quelle di Francia e d’Inghilterra messe insieme.”
Madame Gervaise. “Mio signore la vostra genia non si smentisce, sembrate avvezzo ai rituali di ogni corte, anche di quella più minuta, ma quella che oggi alloggia qui è da parlarci con la faccia al pavimento. Si tratta, niente meno della contessa Desdemona e del suo seguito! Imbellettati e ben vestiti, pare di stare a messa la domenica.”

Entra il Cavaliere di Ripafratta

Agramente. “Parli di belletti…”
Cavaliere di Ripafratta “…e spuntano merletti! Miei cari! Che meravigliosa giornata, non siete d’accordo?”
Madame Gervaise “Molto appropriato Cavaliere! Se mi pagaste la pigione con la stessa solerzia con cui v’alzate al mattino… certo le mie giornate sarebbero radiose.”
Agramente “allora mia cara… parlavate di contesse…”
Cavaliere di Ripafratta “Si mia cara dica, dica… “
Madame Gervasie “Dico che la discrezione è oro, i nuovi ospiti han la spada alla cintura e pesano le parole meglio del denaro…”
Agramente “Meglio il denaro alle parole, ma se la discrezione è oro il silenzio è certo la miglior bilancia per pesarlo”
Cavaliere di Ripafratta “Che sia maledetto chi ha inventato la retorica! Per conto mio non son avvezzo a queste ciarle! Una buona colazione è ciò che ambisco maggiormente!”
Madame Gervaise “Non temete che vi lasci digiuno! Temete piuttosto che vi mostri il conto”
Cavaliere di Ripafratta “Il vile denaro non è un argomento per gente del mio rango! E per di più rischia di farmi scemare l’appetito”
Agramente “Non tema Cavaliere se argomentaste col denaro avremmo il dispiacere di non udirla mai.”

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