Escono Madame Gervaise, Agramente e il Cavaliere di Ripafratta.
Entrano la contessa Desdemona, Rinaldo e Fabrizio.
Rinaldo “Mia signora, questo ostello da mezza corona è sordido come una stalla”
Fabrizio “Invero temo che i nostri cavalli abbiano avuto miglior sorte”
Desdemona “Non lasciatevi divertere dal nostro scopo, la ragione che ci guida non guarda in faccia alla sorte e non v’è nulla di più sordido dell’onta che ci apprestiamo a tergere.”
Fabrizio “Contessa la nostra determinazione non verrà certo meno per il tanfo del nostro giaciglio.”
Rinaldo “Non altra che un ulteriore offesa da lavare.”
Fabrizio “La vendetta chiama! le nostre spade scriveranno il giusto epilogo!”
Desdemona “Fabrizio, Rinaldo… tenete parole e spade ben serrate! Prima d’ogni altra cosa, ora, è momento di calma e discrezione, siamo vicini al castello e a Dio piacendo non dobbiamo rovinare tutto con azioni sragionate. Andate ora… siate accorti e tornate a riferirmi!”
Rinado “con sua licenza mia signora.”
Escono Rinaldo e Fabrizio
Desdemona “alte son le mura che il tempo ci rivolge contro, i nostri giorni di attesa, come carcerieri impudenti, hanno tentato invano di levigare il nostro dolore, pare a volte che non vi sia più gioco alla speranza e come bambini stanchi di giocare lasciamo che il sonno dell’inedia ci culli fino a farci addormentare, quietamente, con i nostri desideri.
Le mura del tempo! Questa mirabile gabbia che ci tiene in prigionia è insieme catena e ancora di speranza. Forse quanto più lo spirito debole si lascia andare nel dormiveglia del suo animo meschino tanto più la virtù del forte si ridesta ad ogni attimo e ripiglia la battaglia, e i giochi, la speranza. Tale queste mura son per me insieme affronto e cuore del nemico, riceviamo dall’uno la vergogna e dall’altro il sangue che disseta la vendetta. Così oggi il tempo è trascorso. Le sue immense mura si son piegate! anzi innalzate! In una torre, che è insieme onta e cuore, l’uno da lavare l’altro da spaccare.
sabato 23 febbraio 2008
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