Lo ricordo
perfettamente, senza fatica né oggettività. Lo ricordo perfettamente come si
ricordano gli eventi del passato, come bolle di emozioni e profumi.
Ero nel
bagno piccolo, quello disotto. Ci facevamo la doccia, in quel bagno. Pensili celesti
e decorazioni floreali sulle piastrelle alle pareti. Una luce giallastra dall'alto. Ricordo come mi impegnassi per stare da solo sotto il getto dell’acqua e
tentare (non che ci riuscissi benissimo) di insaponarmi un po’, qua e là. Mentre
ero tutto indaffarato a spargere la schiuma, il babbo (allora un gigante che
supervisionava il tutto) mi disse: “Adesso, mentre sei sotto la doccia, prova a
tenere gli occhi aperti. E a respirare”. Infatti quando mi infilavo sotto il
getto dell’acqua chiudevo gli occhi e restavo in apnea e per tornare a
riaprirli e a respirare dovevo spostarmi dove non mi arrivasse l’acqua. Così le
mie docce erano un continuo saltare dentro e fuori dal fiotto.
Rimasi perplesso.
Già mi costava tanto insaponarmi. Ora dovevo aggiungere questa nuova sfida.
Ricordo che
mi misi sotto, occhi chiusi e bocca chiusa. Poi aprii piano le palpebre. L’acqua
cominciò ad entrare, ad affogare la vista. Ma in fondo non era poi così
fastidiosa. E allora schiusi la bocca e respirai. Ed il respiro, da sincopato e
timoroso, divenne sempre più naturale.
Lo ricordo
distintamente, con tutti i colori e le parole che forse non ha mai avuto. Ma
lo ricordo assolutamente reale. Ed il ricordo era del momento in cui,
improvvisamente, avevo conquistato qualcosa e mi ero sentito parte del mondo dei grandi.
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