sabato 13 ottobre 2012

bodhràn - day 4




Ci aggiriamo un po' per il centro di Clifden, il che significa fare avanti e indietro per Market Street e Main Street. Tutti i luoghi di interesse del paese (dal supermercato alle poste, dalla chiesa ai numerosissimi pub, dall'albergo all'internet point) si trovano su queste due strade che si incontrano con un curioso angolo ottuso in un obelisco metallico di dubbio gusto. In ogni locale in cui entriamo incontriamo qualcuno che sta suonando dal vivo per i numerosissimi turisti che in questi giorni affollano la cittadina. In questi giorni, infatti, è in corso la mostra mercato dei Pony del Connemara, evento tanto rinomato da portare su queste coste gente da tutta l'Irlanda e saturare la capienza ricettiva del paese. Ci infiliamo in uno dei pochi pub in cui la cucina è ancora aperta e veniamo fatti sedere in un piccolo tavolino di fianco al palco, una semplice pedana in legno appoggiata alla porta in legno che chiude il vecchio accesso al pub.  Sopra vi trovano posto un cajòn de flamenco, un bodhràn (tamburo tipico in queste zone), una tastiera ed alcune pedaline. Alla porta sono appesi un banjo e due chitarre, una classica ed una acustica.
Dopo poco un pingue signore dai capelli bianchi, vestito completamente in nero, fa la sua comparsa sul piccolo scenario e comincia subito ad interagire con il pubblico. Dà da dire un po' a tutti, chiedendo da dove veniamo, e riserva ad ognuno una battuta. C'è una famiglia di statunitensi che tentano di dimostrarsi  disinvolti nella loro rigidità di cera. Una coppia di londinesi attempati. Una famiglia di Monaco che sta cercando di indovinare, dal nostro modo di parlare, se siamo spagnoli o italiani. Dall'altra parte del locale scorgiamo qualche gruppo di ragazzi sicuramente italiani e qualche francese.
Sul palco salgono poi due ragazzi, uno imbraccia la chitarra e l'altro il banjo. L'uomo in nero, che mi ricorda tanto un Johnny Cash nostrano, è evidentemente lo spirito goliardico del trio e continua a far ridere i clienti del pub con una serie di battute che, ne sono certo, si ripetono più o meno ogni sera. Come il suo cavallo di battaglia che apre la strada alla musica: "Riempite i calici e brindiamo. E ricordate: più bevete, meglio suoniamo ".
D'accordo. Lompa (un purista, si sa) sostiene che sia tutta musica per turisti, uno spettacolino che ci propina esattamente quello che vogliamo sentire. Una sorta di tipicità forzata. Un pizza-pasta-mandolino per stranieri. Eppure anche così hanno il loro fascino. Canzoni che hanno addosso un misto di allegria, di voglia di vivere e nello stesso tempo di malinconia. Mentre il tamburo tesse il ritmo della storia che la voce sta cantando, le melodie raspate sulla chitarra sono decorate da un banjo che corre velocissimo da una nota all'altra. Il nostro amico suona a volte il bodhràn, altre il cajòn de flamenco, altre ancora due cucchiai, messi schiera contro schiena e fatti schioccare sulle dita con grande abilità. Capisco perchè gli irlandesi si siano fatti la fama di essere i musicisti più rapidi al mondo.
Poi c'è un momento di pausa. I musicisti vanno a fumare fuori, a sgranchirsi. La gente si rilassa e ritorna a parlare ad alta voce. I vassoi di Guinness continuano a viaggiare dal bancone ai tavoli. Il ragazzo che suona il banjo scompare a chiacchierare con il nostro Johnny, mentre il chitarrista, un ragazzo che avrà all'incirca 25 anni, si ferma a chiacchierare con gli statunitensi, che sbandierano contenti il loro album appena comprato. Dice di essere stato anche lui per un po' di tempo negli States, a causa di una ragazza. Per un attimo il tono si intristisce ma poi, prontamente, risfoggia il sorriso amabile di sempre e con una battuta rimette tutti di buon umore.
Un attimo da nulla. Eppure mi basta per farmi pensare a quanto siamo abituati ad usare le nostre maschere, lavorative o meno. A come essere buffoni aiuti a non far entrare nessuno là dove la vita più brucia.

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