E mentre torno a casa in bicicletta, gli occhiali pieni
della nebbia ottobrina della Pianura Padana, gli occhi carichi di acqua e
stanchezza, vi rivedo tutti. I nomi confusi, gli uni sovrapposti agli altri. Gli
israeliani che erano più di noi, le ragazze che avevano preparato un mare di
cibo, buonissimo, tutto fatto a mano. I ragazzi di una gran simpatia, allegri,
che trincavano come nessuno. C'era chi stava per finire medicina e chi stava
iniziando. E poi c'era lui, di cui non ricordo il nome. Originario di
Gerusalemme ("la città più bella del mondo", dice, e posso crederci),
di madre francese, trasferitosi a Bologna a diciannove anni per studiare. Mi parla
di Fantozzi, di Sordi. Scherza imitando il dialetto veneto, il napoletano,
l'abruzzese. È incredibile. Tutto ciò ha dell'incredibile.
sabato 27 ottobre 2012
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