È sabato mattina ed il cervello è ancora vuoto. Sull'autobus ritrovo la solita umanità di terza classe, quella per cui la scelta dei mezzi pubblici non ha nulla a che vedere con la sensibilità ecologica ma con una necessità economica. Ragazze cinesi in tiro dalle nove di mattina, una signora russa infagottata nel suo maglione blu elettrico anni '80, pakistani, bengalesi con il loro carico di buste, ucraini in jeans e maglietta. E poi, ovviamente, gli anziani.
Mentre
sono lì, con ronzìo del cervello in accensione, sale il tipico
anziano che ha voglia di parlare. Appena imboccate le porte si
avvicina all'autista ed esordisce (continuando un suo immaginario
dialogo) con: “Nessuno paga il biglietto all'Atc, ma poi tutti si
lamentano”, buttando lì un barlume di lucidità inaspettata. Si
siede e comincia a rivolgersi un po' a tutti, indistintamente, guardando in direzione della gente seduta
sull'altro lato. “Io prima andavo in bicicletta ma poi mi hanno
messo una protesi, ci hanno messo un anno a darmi i soldi perchè
sono vecchio. Ci andavo dappertutto, ma ora mia
figlia mi ha fatto l'abbonamento mi ha dato un telefonino, perchè
dice che sai quando esci ma non sai quando torni, con tutta sta gente
che corre, che beve, tutti di fretta, dove andranno poi.Quando ero
giovane io si andava con le macchine a pedali e c'erano molti meno
incidenti, guardi se questo dev'essere il progresso. E per fortuna
che ho trovato posto a sedere, l'altra volta c'era un ragazzo proprio lì,
mi ha guardato e non si è mosso, io non gli ho detto niente, sa, era
di quelli con l'anello al naso, come le mucche di mia sorella, e non
si sa mai, meglio non dare da dire, mi dica lei se questa è
educazione, guardi, io ho solo la quinta elementare ma certe cose le
ho sempre rispettate e ora invece questa è l'educazione moderna...”
e continuando a parlare inforca nuovamente le porte e scende.
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