È proprio
questo il bello di perdersi. Sono sempre stato d'accordo coi situazionisti, a
riguardo.
Vagando per
il Burren decidiamo di fermarci in un luogo a caso per pranzo. Seguiamo una
direzione non ben precisata finchè scorgiamo un piccolo cartello. Ne seguiamo
le indicazioni che ci portano su una stradina bianca che muore in un cancello
chiuso. Parcheggiamo, attraversiamo un paio di muretti a secco, fiancheggiamo
campi dove le mucche ci osservano come se fossimo strani esseri, e ci
ritroviamo, finalmente, in un piccolo appezzamento recintato occupato quasi
completamente da un antico edificio. Come tante altre chiese dell'epoca, di
questa son rimaste in piedi solo le massicce pareti perimetrali, mentre il
tetto è scomparso lasciando l'interno a cielo aperto. I muri sono composti da pietre
sbozzate di grandi dimensioni. Non posso fare a meno di notare alcune singolarità
che balzano all'occhio, come le eleganti mensole che commentano il punto in cui
il tetto si congiunge con l'angolo dell'edificio. O la presenza a lato dell'ingresso,
grossolanamente chiuso con alcuni massi, di due facce che emergono dal profilo
della costruzione. Una, poco al di sotto di una dalle mensole, ritrae una testa
umana con gli occhi chiusi ed i lineamenti rilassati. L'altra è un cane, o un
lupo, a guardia di uno degli stipiti.
Ci sediamo
su di una roccia che affiora dall'erba e cominciamo a mangiare. Intorno non si
sente un rumore, solo il vento che spazza i campi e ci passa sopra la testa. Man
mano che ci guardiamo intorno scopriamo che quest'area veniva utilizzata per le
sepolture ed ancora ne rimangono i segni. Defilata, all'ombra di un
bell'albero, sta una curiosa tomba, molto simile ad una tenda: due fogli
sottili di pietra appoggiati l'uno all'altro e tamponati da due lastre
triangolari. Un luogo per il riposo, ora come allora.
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