Ci vedremo,
in un'altra terra con un'altra lingua. Tu sarai la stessa, ma con un altro
nome, un'altra storia, un altro sguardo. Eppure io avrò ancora tutti gli
oggetti che mi hai lasciato in tutti questi anni, quando eri tu senza saperlo.
Quel portachiavi
a forma di tartaruga, imbarazzante per uno della mia età. Quell'anello, così
tanto più grande del mio dito. Le scarpe che comprammo insieme, che dovevano
cedere col tempo, e che invece continuano a martoriarmi i piedi. I boxer,
quelli rossi da pugile, che comprai perchè ti piacevano e che quindi, in fondo,
sono tuoi. Il cactus che era piccolo piccolo, e che ora scoppia di salute. Le scarpe
da venti euro che mi facesti comprare, che vissero senza di me, che viaggiarono
la penisola ispanica senza il proprio padrone, passando di mano in mano, di
lingua in lingua, finchè tornarono a me, anni dopo, in un'altra città di un
altro Paese. Il pupazzo di carta che mi costruisti per esorcizzare la scimmia
che aveva il sopravvento su di me e che è ancora appeso alla parete di camera
mia. La cintura che mi desti per evitare che perdessi i pantaloni per le strade
di Madrid. Lo scampolo di tessuto di quel blu elettrico inguardabile, che
conservo solo perchè tu ci cucisti sopra un gigantesco bottone. Il braccialetto
di cuoio da quattro soldi, quello con i buchi, che ci legammo al polso
nell'ascensore di Barcellona, prima che questa crisi venisse a rubarci i nostri
sogni di gloria. La collana che mi portasti dal Brasile, al ritorno da casa. I
calzetti con l'antiscivolo, orribili. E tutti quegli oggetti intangibili che
sono i ricordi.
Li avrò
tutti con me. E forse, consegnandoteli, sarò finalmente libero.
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