giovedì 18 ottobre 2012

guinness - day 8



Poi ridiscendiamo verso Doolin. Ci sono tre ostelli sulla strada principale del paese. Il primo che incontriamo, il Rainbow Hostel, non ha più posto, mentre poco più avanti, al Flanagan's, con un po' di insistenza riusciamo ad ottenere due posti in una stanza da dodici. Appoggiamo i nostri averi in camera e ci dirigiamo subito verso la costa in cerca di cibo, visto che le cucine chiudono presto in questo Paese. Il primo locale che incontriamo è il Doolin Cafè, un posticcino carino con gli interni in stile vagamente parigino, pochi tavoli ed un'atmosfera rilassata. Ci guardiamo negli occhi, io e te, e ci rammarichiamo, come tante altre volte, di non essere qui con una ragazza. In ogni caso il locale è pieno e non ci serviranno prima delle dieci. La fame ci sta divorando e non ce la possiamo fare ad aspettare tanto, quindi scendiamo ancora verso l'edificio successivo. Il McDermotts Pub è assolutamente pieno di gente, murato, e la cucina è aperta ancora per poco. Ordiniamo al volo le consumazioni e portiamo le nostre birre con noi, cercando posto in uno dei due tavoli in legno che si trovano all'esterno. Seduto ci sono due ragazzi grosso modo della nostra età. Domandiamo se possiamo sederci al loro tavolo, visto che non c'è altro posto, e loro cordialmente ci ospitano. A questo punto fare amicizia è facile. Colin è irlandese di origine, ma ha studiato all'università a Nottingham, dove ha incontrato Ed, gallese, e son diventati grandi amici. Colin poi si è spostato per lavoro a Sidney dove progetta valvole per turbine e centrali, mentre Ed è rimasto a lavorare in università. Ora si sono dati appuntamento, dopo anni, in Irlanda, e se la stanno girando allegramente passando da una città all'altra. Colin ricorda che quando era piccolo sulle Cliffs ci venivano e non c'era nulla, non c'era il parcheggio, il centro visitatori, la piazza con i parapetti. "Parcheggiavamo la macchina a pochi metri dal precipizio e si stava lì, ad un soffio dal vuoto". Mentre mangiamo i due tracannano due pinte a testa (e chissà quante ne hanno già scolate prima che arrivassimo) ed ordinano l'ultimo piatto prima che la cucina chiuda definitivamente.
 Davanti a noi, sedute all'altro tavolo, ci sono sei donne irlandesi che ogni tanto danno da dire a Colin, il più affascinante della compagnia. Tutte quante hanno abbondantemente superato il loro peso forma diversi anni fa, forse per colpa dell'alcol che continuano ad ingerire, o delle patate fritte, o della vita. E non perdono occasione per smentire la loro femminilità ruttando come camionisti. Anche Colin sembra a metà tra l'imbarazzato ed il divertito. In compenso Ed, occhi da Elijah Wood dietro gli occhiali e capello corto, sfoggia un sorriso che non so bene se significhi allegria o ebbrezza. Io mi ricredo, e penso che sono contento di non essere qui con una ragazza.
Finito di mangiare proviamo ad entrare nel pub dove hanno appena cominciato a suonare. Tutti si sono radunati intorno alla nicchia di legno di fianco alla porta dove si sono piazzati i musicisti e non c'è un centimetro libero per passare, le sedie disposte anarchicamente ovunque, fin sotto al microfono. Tra il pubblico ci sono diversi stranieri, ma scopriamo con piacere che molti sono irlandesi. In ogni caso strano gruppo, il gruppo. Quasi anziani e molto giovani si affiancano suonando chitarre, banjo, tamburi. Sembrano suonare canzoni tradizionali, qualcuna su richiesta del pubblico. Dopo poco riusciamo a conquistare un tavolo, e per di più vicino al bagno. I bicchieri intanto continuano ad arrivare e venir scolati, noi a offrire a loro e loro a noi, con la differenza che i due trincano con velocità doppia rispetto a noi. Alla nostra quarta pinta Colin è euforico, comincia a cantare a squarciagola le canzoni, mentre Ed non gli sta dietro e se la ride. Poi si gira ghignando e ci dice: "Sapete a chi somigliate voi due? A Mario e Luigi!", riferendosi a Mario Bros.
Ad un centro punto un ragazzino, un teen-ager, si alza e va verso il microfono, chiedendo se può cantare. Il gruppo, molto contento, lo fa sedere e si mettono d'accordo sulla canzone. La chitarra attacca e l'auditorio va in visibilio (un pezzo che tutti conoscono tranne noi). Il ragazzo, acne sulle guance e sguardo timoroso, tira fuori una voce ruggente che non ti aspetti, e carica l'aria sostenuto dal possente coro dei clienti del bar.
"Qual è il vostro record di birre?" esordisce Colin ad un certo punto. Noi ci guardiamo e rispondiamo umilmente, sapendo benissimo che verremo seppelliti dalla sua risposta. E infatti così è. "Io il mio record l'ho stabilito ieri" prosegue mentre Ed se la ghigna tirando fuori il cellulare e mostrandoci una foto della sera prima. "Quattordici pinte in sette ore". Impressionante. Non so come facciano. Nella mia mentre si forgia una battuta che però non proferisco. Un bel Guinness. Ora capisco, in ogni caso, perchè Colin che dice di avere ventisei anni fisicamente sembra che ne abbia dieci in più.
Verso le due usciamo dal locale mentre i nostri due amici rimangono a farsi qualche bicchiere della staffa(!). Fuori la pioggia è nebulizzata, si ferma sugli occhiali creando la nostra piccola discoteca personale. Io comincio a correre nella notte cercando di smaltire l'alcol, corro in salita con tutto il fiato che ho finchè sparisco, esco dal cono di luce dei lampioni e mi ritrovo nell'oscurità completa.
Rientriamo in ostello. Tu vai a dormire diretto, mentre io mi addormento per una buona mezz'ora sulla tazza del cesso. Di stare disteso proprio non se ne parla. Poi, quando ho preso abbastanza freddo e mi sento un po' meglio, mi avvio anch'io verso la camera, ma era uno scherzo, ancora non ce la faccio. Allora mi siedo a lato della porta, gambe lungo il corridoio, e mi metto a dormire lì. Un'ora dopo sento dei passi. Mi sveglio e vedo i miei nuovi amici che stanno rientrando nella camera di fianco alla nostra e mi guardano con aria interrogativa. "It's all right, guys. Goodnight" dico sfoggiando un sorriso di cartone. Loro entrano ed io mi riaddormento. Verso le quattro mi alzo e vado a godermi il mio meritato sonno in cima al letto a castello.

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