lunedì 29 aprile 2013

beyoğlu - day 3



Risaliamo verso Tunel e poi puntiamo in direzione di Taksim, percorrendo senza entusiasmo İstiklal Caddesi ed i suoi negozi moderni. Ci facciamo sfilare di fianco il tram, unico superstite di un tempo passato, e ci addentriamo per Pera. Tutta quest'area rimase inabitata per secoli tanto che il suo nome deriverebbe dalla contrazione dell'espressione "il campo di fichi sull'altra sponda" o, semplicemente, "l'altro lato", in contrapposizione alla città antica. Questo almeno finchè gli europei, ed in particolare i genovesi (che costruirono la torre di Galata) ed i veneziani, non arrivarono a stabilirvisi. La comunità italiana divenne così importante che dal Cinquecento l'area venne ribattezzata  Beyoğlu (il figlio del Signore) come omaggio al figlio dell'importante ambasciatore veneziano Lodovico Gritti.
Tra le impalcature di un cantiere vi sono alcuni ragazzi seduti a terra: chitarra, violino ed un grande cembalo. Ancora una volta la musica ci rapisce ed i gridi lanciati nell'aria dalla cantante ci ricordano quelli dei muezzin che cinque volte al giorno si sentono risuonare in tutta la città. La melodia è così piacevole che per poco noi e un'altra decina di persone non rischiamo di essere travolti dal tram.
Ci infiliamo in una delle vie traverse per cercare un locale meno internazionale e curarci con l'ennesimo tè. Appena i bicchieri vengono appoggiati sul nostro tavolino fuori si scatena un'improvvisa tempesta e scrosci inaspettati bagnano le strade.
Passato il temporale arriviamo fino alla deludente piazza Taksim e da lì proviamo a perderci per le strade che dovranno poi portarci, nuovamente, verso il ponte di Galata. Dopo aver assaggiato i baklava, gli immancabili dolci turchi ricchi di frutta secca e miele, ci addentriamo nei meandri di vie che salgono e scendono per la collina. Intravvediamo bar in stile parigino, irlandese, terrazze all'italiana. Ci fermiamo su di una scala che scende a picco e apre uno squarcio tra gli edifici fino a mostrarci il faro, dall'altra parte del Bosforo.
Vagando veniamo catturati da una serie di negozi di antiquariato, stanze di rigattieri, botteghe di oggetti vintage. E così finiamo per sederci in un locale dalle pareti in mattoni a vista e l'atmosfera ambrata. La cameriera, di evidenti origini francesi, ci porta i nostri tè ed io mi preoccupo di perdere con dignità a scacchi.

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