Risaliamo
verso Tunel e poi puntiamo in direzione di Taksim, percorrendo senza entusiasmo
İstiklal Caddesi ed i suoi negozi moderni. Ci facciamo sfilare di fianco il
tram, unico superstite di un tempo passato, e ci addentriamo per Pera. Tutta
quest'area rimase inabitata per secoli tanto che il suo nome deriverebbe dalla
contrazione dell'espressione "il campo di fichi sull'altra sponda" o,
semplicemente, "l'altro lato", in contrapposizione alla città antica.
Questo almeno finchè gli europei, ed in particolare i genovesi (che costruirono
la torre di Galata) ed i veneziani, non arrivarono a stabilirvisi. La comunità
italiana divenne così importante che dal Cinquecento l'area venne ribattezzata Beyoğlu (il figlio del Signore) come
omaggio al figlio dell'importante ambasciatore veneziano Lodovico Gritti.
Tra le
impalcature di un cantiere vi sono alcuni ragazzi seduti a terra: chitarra,
violino ed un grande cembalo. Ancora una volta la musica ci rapisce ed i gridi
lanciati nell'aria dalla cantante ci ricordano quelli dei muezzin che cinque
volte al giorno si sentono risuonare in tutta la città. La melodia è così
piacevole che per poco noi e un'altra decina di persone non rischiamo di essere
travolti dal tram.
Ci infiliamo
in una delle vie traverse per cercare un locale meno internazionale e curarci
con l'ennesimo tè. Appena i bicchieri vengono appoggiati sul nostro tavolino
fuori si scatena un'improvvisa tempesta e scrosci inaspettati bagnano le
strade.
Passato il
temporale arriviamo fino alla deludente piazza Taksim e da lì proviamo a
perderci per le strade che dovranno poi portarci, nuovamente, verso il ponte di
Galata. Dopo aver assaggiato i baklava, gli immancabili dolci turchi ricchi di
frutta secca e miele, ci addentriamo nei meandri di vie che salgono e scendono
per la collina. Intravvediamo bar in stile parigino, irlandese, terrazze
all'italiana. Ci fermiamo su di una scala che scende a picco e apre uno
squarcio tra gli edifici fino a mostrarci il faro, dall'altra parte del
Bosforo.
Vagando
veniamo catturati da una serie di negozi di antiquariato, stanze di rigattieri,
botteghe di oggetti vintage. E così finiamo per sederci in un locale dalle
pareti in mattoni a vista e l'atmosfera ambrata. La cameriera, di evidenti
origini francesi, ci porta i nostri tè ed io mi preoccupo di perdere con
dignità a scacchi.
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