domenica 28 aprile 2013

luppolo di mare - day 3



Percorriamo nuovamente il mercato del pesce sfilando tra le bancarelle e la banchina di attracco del traghetto. Begli esemplari di cui io misconosco i nomi guizzano dentro a grandi tinozze azzurre colme d'acqua. Oltrepassato una sorta di varco ci troviamo in una zona sterrata colonizzata dai tavolini dei vari locali che si affacciano su questa parte del Corno d'Oro. Baretti e chioschi con la pretesa d'esser ristoranti. È ancora presto ed i tavoli sono tutti vuoti. Ci sediamo ed ordiniamo due orate. Memore della scorsa volta lasci perdere l'ayran e bissiamo con una coppia di birre. A pochi passi da noi un uomo, che gli stenti hanno privato di un'età riconoscibile, armeggia su di un carretto. Protetto da uno spartano berretto da baseball, propone verdura e frutta fresca, spremute di arance e melograni. Poco oltre, a pochi passi dall'acqua, una coppia, probabilmente britannica, non sa decidersi su cosa ordinare. Dopo qualche minuto al nostro fianco si vengono a sedere due coppie di anziani tedeschi in villeggiatura. Tipico abbigliamento, tipiche espressioni, tipica giovialità vacanziera. E l'immancabile pinta tra le mani.
Nel sole di questo strano pranzo di pasqua osservo il liquido chiaro come il miele e le bollicine risalire lente alla superficie per respirare. Penso alle parole che Michi mi ha voluto scrivere usando lo scritto di Russell. E non posso fare a meno di constatare che i crucchi (i miei crucchi, almeno) siano maestri in questo, nell'arte pura dell'oziare, concepito nel suo senso più elevato e ormai, per noi, smarrito. Contemplo la birra (novello Amleto del luppolo) e non mi resta che ammettere che qualcosa, in fondo, ho imparato dalla convivenza con loro. E non solo ad apprezzare il gusto di una Pilsen nel sole pallido di una primavera che non vuole arrivare.

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