giovedì 25 aprile 2013

bosforo - day 2



Camminiamo lungo la riva, tempestati di offerte di cibo, tour, oggetti, guide. Decidiamo infine di prendere una barca per esplorare lo stretto. Appena accettiamo l'offerta il ragazzo ci chiede i soldi anticipati e ci dice di infilarci velocemente su di un pulmino fermo in sosta vietata. Niente biglietto, niente che dimostri che abbiamo pagato. Dopo qualche minuto il nove posti si riempie e comincia a scendere verso l'area di attracco. Sempre senza alcun tipo di controllo veniamo fatti montare, con un'improvvisata scaletta in legno, su di un barcone che ondeggia vistosamente. Quando il pulmino arriva per la seconda volta, carico di turisti, finalmente partiamo. Passiamo al di sotto del ponte di Galata, coi suoi locali, i suoi ambulanti e le sue canne da pesca, lasciamo il Corno d'Oro e ci dirigiamo verso il Bosforo. Costeggiamo la riva europea di Istanbul, con i suoi palazzi in legno abbandonati, dirigendoci verso nord, verso il Mar Nero, allontanandoci dalla città antica. Alle degradate ville a ridosso dell'acqua si sostituiscono edifici moderni, piccoli grattacieli, facciate moderne, vetro e acciaio, alternati ad attimi di pineta fitta. L'acqua tra le due rive è calma, mossa soltanto dal passaggio di altre imbarcazioni come la nostra. Sul ponte il comandante ci porta l'immancabile tè turco in bicchierini di vetro con decorazioni dorate. Un paio di zollette a testa. L'aria pungente del Bosforo si infila dentro la maglia, tra le orecchie, nella testa e ci ripulisce dalla confusione di una città dove tutto è in vendita, dove tutti sono indaffarati a mercanteggiare.
Di fianco a noi un gruppo di turisti fanno gli "italiani" gridando, gesticolando esageratamente, facendosi foto idiote. Una signora presumibilmente russa sfida in mezze maniche il freddo incipiente mettendosi in posa per essere immortalata dal suo compagno. Un paio di bambini si rifugiano sotto coperta.
Il sole si nasconde dietro le nubi e scende dietro le colline all'orizzonte. L'acqua diventa un liquido scuro, denso, le sponde silhouette trapuntate di piccole luci. L'imbarcazione fa un'inversione e ci porta sulla via del ritorno costeggiando la riva asiatica. La vegetazione continua con le sue incursioni, qualche villa in legno decrepita in stile europeo ci saluta di lontano. Ci avviciniamo lentamente ad un piccolo molo ed un ragazzo scende al volo dalla prua.
Passiamo sotto al ponte strallato che si staglia contro il cielo, disegnato da tante piccole luci che cambiano colore. Ci avviciniamo a Beyoglu e Fatih dove le moschee emergono dalla massa indistinta della città vecchia come gemme preziose.
Appena prima di attraccare il volume della musica sull'imbarcazione si alza improvvisamente e spara nell'aria un'inconfondibile Gnam gnam style, inno inconfondibile del "tutto il mondo è paese".

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