Mi allontano e li guardo. Lì, sul letto, stanno delle paia di pantaloni, calzini, maglioni, T-shirt. Guardo la valigia vuota e guardo i vestiti. Questo è tutto quello che mi porto della mia vecchia vita. Questo è tutto quello di cui ho bisogno nel nuovo mondo. E, a dire il vero, non è neppure tanto indispensabile. Guardo la mia libertà da ogni oggetto, da ogni luogo, e ne sono contento. Non c’è posto dove non possa mettere radici, dove mi senta estraneo perché quello di cui ho bisogno lo porto dentro, e lo tengo sempre con me.
Mi siedo al finestrino e guardo la pioggia cadere sulla pista di Forlì. Di fianco mi si siede un’amabile signora, che riversa sul suo brizzolato compagno una serie di dolci attenzioni. Prima di addormentarmi vengo circondato dal suo profumo. Un profumo che mi porta alla mente ricordi non miei. Ricordi di biscotti in scatole di latta, profumo di anni ’50. Mi sveglio immerso nelle turbolenze del volo e finalmente arrivo a Girona.
Fuori un italiano versione uomo-del-negozio-di-fumetti dei Simpsons comincia a fare l’“italiano”. Parla a voce alta, fa il verso agli spagnoli, attacca una pezza clamorosa ad una ragazza il cui accento nasconde la sua origine. Tutti, in fila per salire sull’autobus, si fanno amabilmente i cazzi loro (del ragazzo e della ragazza, intendo). Lei gli parla un po’ in spagnolo, poi sfoggia alcune frasi in dialetto veneziano ed infine culmina affermando di essere di Bristol, in un perfetto ed originale inglese. L’ominodelnegoziodifumetti ribadisce che di Bristol conosce solo i cartoncini.
Mi siedo al finestrino, solo. Una bella ragazza bionda, italiana, vestita in bianco, mi guarda e poi si siede nel sedile davanti. Peccato, penso. Ed aspetto di sentire i due tipi entrare per sollazzarmi ancora un po’. Lui fa il brillante richiamando l’attenzione di tutto il bus su qualcuno che aveva perso un guanto. Lei si siede di fianco a me, ride e chiacchiera con lui. Che la invita a cena. Lei declina gentilmente e tira fuori un libro in inglese. Che non riuscirà a leggere. Le offro una cicca. No, grazie. Le dico che non ho potuto fare a meno di sentire che era di Bristol e del fatto che parlasse così bene in italiano. Mi spiega che studia all’Accademia, anche se non crede che ci voglia un diploma per essere artista. Ha un entusiasmo nella voce affascinante. Piercing, rasta rossi. Mi racconta di come sua mamma sia italiana, suo babbo di Bristol, ma lei abbia vissuto la sua infanzia vicino al Madagascar, finché non se n’è andata a 17 anni per studiare a Venezia, girare Laos, Cambogia e dintorni, e finire a Barcellona prima di andare ad Edimburgo. Faccio l’italiano, non riuscendo a comunicare decentemente in nessuna lingua ma facendola ridere.
Ci salutiamo e mi faccio lasciare il contatto. Sai, sei la prima persona che conosco a Barcellona. Bella scusa, mi fa lei. Già, bella scusa.
Muntaner 175. Salgo. È l’1.30. Chiamo Juan, il ragazzo della casa. Mi risponde: Ciao amore. Ehm, ciao Juan, sono Marco, ti ricordi di me? Ah, si scusa, ti avevo scambiato per la mia morosa. Avevo immaginato. Tu suona ed entra. Qualcuno ti aprirà. Io sarò lì tra 15 minuti. Mi apre una ragazza mezza addormentata (il che è piuttosto normale per l’ora). Ovviamente non registro il nome. Entro nel salone, dove c’è un tavolo quadrato, tozzo e sbozzato, pieno di bottiglie e patatine. Su uno dei due enormi divani sta seduto un ragazzo, chiaramente italiano. La ragazza risulta essere brasiliana. In casa non ci sono che loro, gli altri sono appena usciti. Sono venezuelani, francesi, forse un belga, un’altra brasiliana. Siamo 11 in tutto. Te compreso, mi fanno. Arriva Juan. Capello biondo raccolto in un crocchio, occhiale alla moda tra il nerd e il D&G. Ultra accomodante, comincia subito a scherzare e a raccontare cose. Non c’è nessun imbarazzo. Lavorano tutti nell’appartamento. Lui gestisce appartamenti e fa il designer di interni, per bar e case. È argentino,e si nota.
La mia stanza è approssimativamente 2x3 m, con una finestra60x60 cm che da su un patio micro. L’armadio è costituito da una barra dove appendere le grucce e da una cassettiera-comodino. Una scrivania attaccata al letto completa il tutto.
C’è internet. Dopo le chiacchiere di rito (in mezze maniche e finestra aperta, perchè qui fa quasi caldo) vado a letto e comincio il mio resoconto. Nel frattempo di là in sala, cioè esattamente dietro il mio cuscino, sono arrivate almeno 4 persone, che sento distintamente chiacchierare.
Domani si esplora. Intanto buona notte.
sabato 5 gennaio 2008
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1 commento:
back in spanish life. back in life.
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