Rambla del Raval. Entriamo in un bar e chiediamo un caffè e un macchiato.
Isa dopo 28 anni passati ad Alicante 1 mese fa ha deciso di cambiare città. Ha conosciuto un ragazzo francese e son venuti a BCN.
Fuma, Isa, mentre mi racconta di come si doveva guadagnare la vita già da quando aveva 14 anni.
Nel bar non c’è nessuno a parte noi. I due gestori, due ragazzi argentini, sono al bancone a chiacchierare. Stanno seduti dalla parte dei clienti. Il locale ha il tipico stile barcellonese, quel finto trasandato figlio di povertà e ricercatezza. Al di sopra di un basamento in raso nero con decorazioni floreali, cangiante alla luce pomeridiana, si trova una parete stuccata grezzamente e dipinta di arancione acceso. Al di sopra di un soppalco a voltine in laterizio si trova un altro piano, più riservato.
Verso lo zucchero nella tazzina e disegno cerchi nella schiumina. I granellini cricchiano sotto la punta metallica del cucchiaino mentre Isa continua a raccontarmi di Lolo. Dietro di lei un insieme di aste metalliche alle quali sono appese piccole bottigliette di differenti liquori costituisce il lampadario.
Pian piano la gente comincia a riempire la piccola saletta, fuori si fa oscuro, piccole lampadine si accendono tra le volticciole, e le candele da tavolo con loro.
Prima settimana della nuova vita. Primi bilanci, prime impressioni.
A quanto pare ho trovato un gruppetto di persone con cui mi piacerebbe stare. E condividere il tempo.
Che poi ci si trovi per l’ennesima birra del pomeriggio in un bar di italiani, con divani e quant’altro è una conseguenza.
Il vaso sta cominciando a dipingersi, e le radici a prendere posto.
Isa dopo 28 anni passati ad Alicante 1 mese fa ha deciso di cambiare città. Ha conosciuto un ragazzo francese e son venuti a BCN.
Fuma, Isa, mentre mi racconta di come si doveva guadagnare la vita già da quando aveva 14 anni.
Nel bar non c’è nessuno a parte noi. I due gestori, due ragazzi argentini, sono al bancone a chiacchierare. Stanno seduti dalla parte dei clienti. Il locale ha il tipico stile barcellonese, quel finto trasandato figlio di povertà e ricercatezza. Al di sopra di un basamento in raso nero con decorazioni floreali, cangiante alla luce pomeridiana, si trova una parete stuccata grezzamente e dipinta di arancione acceso. Al di sopra di un soppalco a voltine in laterizio si trova un altro piano, più riservato.
Verso lo zucchero nella tazzina e disegno cerchi nella schiumina. I granellini cricchiano sotto la punta metallica del cucchiaino mentre Isa continua a raccontarmi di Lolo. Dietro di lei un insieme di aste metalliche alle quali sono appese piccole bottigliette di differenti liquori costituisce il lampadario.
Pian piano la gente comincia a riempire la piccola saletta, fuori si fa oscuro, piccole lampadine si accendono tra le volticciole, e le candele da tavolo con loro.
Prima settimana della nuova vita. Primi bilanci, prime impressioni.
A quanto pare ho trovato un gruppetto di persone con cui mi piacerebbe stare. E condividere il tempo.
Che poi ci si trovi per l’ennesima birra del pomeriggio in un bar di italiani, con divani e quant’altro è una conseguenza.
Il vaso sta cominciando a dipingersi, e le radici a prendere posto.
1 commento:
speriamo che i pois siamo migliori di quelli dell'altro vaso! io sarò sempre lì, di fianco a te, a spennellare sbavando un vaso troppo grezzo perchè possa venire bene..e poi te ne comprerò uno a 99cents, molto + bello.
cosa potrebbe significare questa metafora? non lo so.
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